Se ne parla già da un po’ ma la riforma per il Consiglio Superiore della Magistratura ha preso il via solo da poche settimane e si trova già a dover subire uno stop forzato. Dagli ultimi rapporti sembra infatti che fra le parti in causa vi sia un pesante disaccordo sul sistema di elezione dei togati.
L’ ex ministro della giustizia Scotti, durante il riepilogo del lavoro svolto fino a questo momento, ha indicato vari punti che sono stati accettati di comune accordo da tutti: ad esempio l’auspicio ed il forte desiderio che il sistema preveda un’uguaglianza di genere sia in fase di candidatura, nelle opzioni di voto ed in qualunque altro aspetto del meccanismo elettorale.
Un altro punto che ha riscontrato il pieno sostegno delle parti, è l’esclusione della eleggibilità nel Csm dei giovani magistrati, quelli in sostanza che ancora non hanno conseguito la prima valutazione di professionalità.
Il disaccordo però si manifesta forte quando si tratta di scegliere la modalità in cui avranno luogo le elezioni dei giudici. Alcuni vorrebbero infatti il sistema proporzionale, altri quello maggioritario a doppio turno, ed è emersa addirittura una terza opzione che recepisce la presentazione delle candidature per liste ma limita l’espressione di voto ai candidati e non pure ad una lista.
L’indecisione su questo punto riporta il Csm ed il rinnovamento a fare un passo indietro ripetendo quello che in Italia è già successo più volte durante il corso della storia, ovvero sarà il ministero stesso ad avere l’ultima parola, trasformando il sistema elettorale in una scelta politica.